ForumCommunity

Il verso nella comunità kuna di San Blas (Panama), tratto da 'Linguaggio e cultura' di Joel Sherzer

« Older   Newer »
  Share  
Federico III
view post Posted on 18/2/2008, 14:48




Lo strutturarsi poetico del discorso kuna: il verso



I Kuna posseggono una gamma molto differenziata di varietà, stili e generi linguistici, dal quotidiano e colloquiale al rituale e formale, nella forma sia parlata che cantata.

Un modo di accostarsi a tale molteplicità è in termini di tradizioni rituali, delle quali ne esistono tre, marcate da distinti linguaggi, situaizoni, gruppi di agenti ufficiali, eventi linguistici: 1) la tradizione delle assemblee, dove i capo (saklakama) ed altri leaders politici si rivolgono ai loro villaggi con canti e discorsi; 2) la tradizione magico-curativa, dove gli specialisti si rivolgono a diversi generi di spiriti; 3) la tradizione dei riti della pubertà, dove uno specialista si rivolge ad un solo spirito, quello ‘dal lungo flauto’.

Le tre tradizioni rituali implicano una distinzione ampiamente reperibile nel mondo, tra un testo flessibile (in un’idea generale, un tema o un insieme di metafore viene modificato per adattarsi ad una particolare situazione) ed un testo fisso o relativamente fisso, che deve essere memorizzato.

Nella rappresentazione di testi relativi ai riti puberali non viene tollerata la più piccola variazione linguistica. Non è il caso di affermare, come fecero Lord e Goody, che non esista una pura memorizzazione di testi fissi in società orali analfabete.

Il discorso orale delle società analfabete presenta una ricca diversificazione di possibilità rispetto alla relativa stabilità o flessibilità del discorso, così come rispetto ad altre dimensioni di langue e parole.

Anche per i Kuna, i testi magico-curativi sono fissi, ma anche se questi testi, come quelli dei riti di pubertà, vengono appresi mnemonicamente con l’aiuto di uno specialista insegnante, sussistono differenze degne di nota nella loro esecuzione reale. Nei testi curativi sono tollerate piccole variazioni di natura essenzialmente non referenziale, quali quelle che coinvolgono aspetti molto superficiali della fonologia e morfologia dei suffissi di nomi e di verbi. Esistono, quindi, almeno due modi di memorizzazione tra i Kuna.

Distinzione orale/scritto: sebbene vi siano tra i Kuna degli alfabetizzati, il discorso kuna è prettamente orale, il che non significa che il discorso kuna sia ‘orale’ piuttosto che ‘scritto’ in senso semplicemente orale o universale. Non c’è un singolo tratto che caratterizzi il discorso kuna nella sua globalità, ma un gruppo o insieme di tratti tipici. Di questi, mentre alcuni sono caratteristici del discorso orale più che di quello scritto, altri sono reperibili nel discorso scritto. Non esiste un semplice insieme di componenti che caratterizzi unicamente il discorso orale, né si può dicotomizzare nettamente langue e parole ordinario e langue e parole letteraria; piuttosto, è necessario rinvenire strutture e processi poetici in un’ampia gamma di forme del discorso kuna, dal quotidiano al rituale: questa gamma include la narrazione nella conversazione, le ninnananne, la rappresentazione dei miti e dei canti magici, e comrende tanto la lingua parlata quanto quella melodica cantata. Diversi dispositivi poetico-linguistici vengono adoperati nei diversi generi verbali, ed in diversi modi nei diversi generi. Infine, a differenza della letteratura scritta delle società alfabetizzate, l’arte verbale kuna è elemento centrale, utile a diversi aspetti della vita sociale e culturale (politica, cure, magia, forme di saluto, conversazione e controllo sociale.

Il verso poetico: esiste una gamma ampiamente diversificata di stili e generi verbali kuna, differenziati per fonologia, morfologia, sintassi, semantica, lessico e struttura del verso.

Il verso è per vari aspetti l’unità base poetica del discorso kuna. E' l’unità del discorso più apertamente marcata dal lato linguistico e, nel cantare, dal lato musicale, ed è molto utile per un confronto diagnostico ed una classificazione tipologica dei generi del parlare kuna.

In ciascuno degli stili kuna, i versi si riconoscono in quanto marcati da un insieme di dispositivi distinti, non tutti sempre operativi. Questi dispositivi non esauriscono le loro funzioni come indicatori del verso e, quindi, non c’è sempre conguenza tra di essi: infatti, un aspetto interessante dei vari dispositivi-indicatori del verso in kuna è il modo in cui i parlanti li contrappongono, creando contrasti tra essi.

I principali dispositivi per contrassegnare il verso sono 4:

1) I versi sono marcati grammaticalmente grazie ad un elaborato insieme di parole, particelle ed affissi collocati in posizione iniziale e finale. Tra le diverse funzioni di questi elementi c’è la metacomunicazione, che dimostra il loro significato (‘dire’, ‘vedere’, ‘ascoltare’ e ‘in verità’). Inoltre, sono allo stesso tempo indicatori sociolinguistici, in quanto stili e generi verbali distinti hanno insiemi distinti di questi elementi.

2) Specialmente negli stili più formali e rituali, i versi sono contrassegnati da un ampio parallelismo sintattico e semantico. Tale parallelismo è organizzato in termini di struttura del verso e, a sua volta, contribuisce a questa struttura.

3) I versi sono marcati da schemi dell’intonazione; in particolare, nella lingua parlata, dallo strutturarsi di pause e di toni ascendenti e discendenti, così come dal tempo e, nel canto, dalle forme melodiche comprendenti volume, durata e tempo, insieme con le pause e l’uso codificato di colpi di tosse o rumori simili.

4) I versi sono marcati secondo una struttura di interazione dialogica a dua, in cui il destinatario risponde con una conferma, scelta anch’essa da un insieme più vasto, dopo ogni verso. Questo schema è comune a molti stili nel parlare; è formalizzato in alcune forme del canto rituale.

L’analisi della strutturazione del verso in kuna rivela l’intersezione tra fattori e modelli referenziali e non, grammaticali, sociolinguistici, musicali e di interazione sociale. Oltre a ciò, lo studio del verso rivela la presenza di funzioni e modelli nei costituenti tradizionali della grammatica (fonolofia, morfologia, sintassi e lessico) che sarebbe impossibile scoprire, altrimenti.

Lo stesso contenuto narrativo di base può essere strutturato in differenti organizzazioni del verso da differenti protagonisti, in differenti stili e generi verbali.

STILI DI CANTO



Il canto delle assemblee



Recita di miti, leggende ed esperienze personali ad un pubblico riunito a sere alterne.

Si hanno versi ordinati solitamente in strofe chiaramente marcate. Le strofe, di solito, sono formate da due versi, e spesso iniziano con sunna (‘in verità’) o al inso (‘così’) e terminano con soke (‘dici’), oparye (‘parla’) o takleye (‘vedi’). Spesso, il primo verso di una strofa termina con il sintagma taylesokittole (‘vedi-dici-ascolta’). I versi e le strofe calano di altezza di tono alla fine, e le vocali finali si allungano; inoltre, è presente un abbassamento di volume ed un rallentamento del tempo alla fine di versi e strofe.

Il canto che si ascolta nelle riunioni è realizzato in forma di dialogo rituale tra i due capi; il secondo, dopo ogni strofa, canta teki (‘davvero’), contrassegnando la fine della strofa. Il secondo capo comincia a cantare mentre dura ancora la vocale finale allungata del primo capo, che a sua volta inizia il verso seguente durante la i lunga di teki.

La prima strofa, solitamente, consiste in due versi; la fine del primo verso (tayle soke l ittole) è contraddistinta da una pausa. La seconda strofa è comporta da un solo verso, e soke l ittolete si trova al centro del verso.

Canti magico-curativi



Recitati da specialisti ai rappresentanti del mondo degli spiriti in una varietà linguistica diversa rispetto al cantare dei capi.

Questo tipo di versi sono contrassegnati dal suffisso –ye, che svolge funzioni grammaticali, come di congiuntivo, ottativo, vocativo. In questi canti, -ye ha soprattutto la funzione di segnalare il verso. Le vocali finali del verso sono allungate; c’è una pausa notevole tra i versi ed alcuni interpreti inseriscono un leggero colpo di tosse o un rumore del genere tra gruppi strutturati di versi (strofa). E' anche da notare un uso esteso del parallelismo lineare.

Nei canti magico-curativi avviene solitamente un’interazione contrastiva tra il parallelismo grammaticale e musicale. In questo modo, gli esecutori possono dimostrare una creatività personale nella rappresentazione dei testi che conoscono perfettamente a memoria.

Canti dei riti di pubertà



I versi sono marcati da parallelismo sintattico e semantico, vocali finali allungate ed una particolare, unica linea melodica che implica una ripetizione lineare estremamente regolare.

Dei tre generi rituali, questo è il canto dove la quantità di dispostitivi indicatori del verso è più regolare. E', quindi, interessante che i Kuna considerino la tradizione rituale in oggetto come la più arcaica ed immutabile.

STILI DEL PARLATO



Il parlato del portavoce del capo



Si comincerà dal parlato più formale, quello del portavoce del capo, che succede al canto del capo, lo ri-racconta e lo interpreta per il pubblico presente.

Tek (‘allora’), inso (‘così’) e taylekuti (‘perciò’) sono comuni segnali d’inizio dei discorsi del portavoce, spesso in sequenza. Un indicatore di fine-verso molto frequente è pittosursoke (‘voi non ascoltate dice’) che spesso viene alla fine di più versi consecutivi (che chiameremo ancora strofa, nonostante sia contrassegnata diversamente rispetto ai canti precedenti). Il tempo rallenta con effetto drammatico alla fine della strofa e del verso, e l’altezza del tono diminuisce leggermente. Ci sono pause brevi ma percepibili tra i versi; pause più lunghe tra le strofe.

I racconti



I racconti (kwentomala) sono narrati in uno stile meno formale di quello dei portavoce dei capi.

Tipici segnali d’inizio sono te(k) (‘allora’), takkarku (‘perciò’) ed emite (‘ora’), mentre come chiusure troviamo soke (‘parlare’), napir soke (‘il vero dite’) e soy-sunto (‘dite in verità’). C’è anche minore congruenza, ovvero maggiore contrasto tra i vari indicatori del verso di quanto non avvenga nei discorsi del portavoce; manca una chiara demarcazione in versi.

La struttura della pausa ed un’ampia gamma di elementi grammaticali e parole vengono usate congiuntamente per contrassegnare i versi nell’esecuzione narrata delle leggende. L’esecutore marca solitamente il primo verso sia con parole che con elementi grammaticali, intonazione discendente e pausa, ed il secondo verso solo con una pausa, creando un contrasto lampante tra questi due versi dal contenuto referenziale praticamente identico.

Conversazione tra due persone



Il racconto fatto in una conversazione è strutturato in versi, marcati dal segnale di fine verso soke (‘dire’), seguito nel secondo verso dal suffisso –sunto (‘in verità’), come pure dalla regolare conferma da parte dell’ascoltatore attraverso l’espressione, dopo ogni frase, di a, mm o una parola chiave del verso; è uno schema che rappresenta la versione informale, quotidiana del dialogo rituale principale, precedentemente descrotto.

I punti di contrasto tra i versi si incentrano essenzialmente sulla presenza o assenza di parole e sintagmi in posizione iniziale e finale da considerare come elementi che determinano la struttura-verso.

Due versioni di un unico mito kuna
eseguite come parti componenti un singolo evento linguistico



Una sera sì ed una no, nel centro di riunione del villaggio, i capi kuna recitano miti, leggende o esperienze personali sotto forma di dialogo rituale con un latro capo, alla presenza del pubblico ivi raccolto.

Qui si parlerà del mito del Profeta Bianco (nele sipu). Il canto è in un linguaggio esoterico, che si differenzia dal kuna colloquiale a livello fonologico, morfologico, sintattico e semantico. La versione cantata del mito era eseguita da una versione parlata fatta dla portavoce del capo, il quale riveste i ruoli di ri-narratore, traduttore, interprete e curatore. I canti rituali dei capi sono sempre seguiti dalle interpretazioni non cantate dei loro portavoce. E' la struttura di questo tipo di evento che permette di confrontare due versioni dello stesso mito.

Si distinguono due aspetti della struttura poetica del Profeta Bianco: 1) la macrostruttura, l’organizzazione globale generale; 2) la microstruttura, in particolare lo strutturarsi di versi e strofe.

Nella macrostruttura, le due versioni del Profeta Bianco sono praticamente identiche. La versione cantata si apre con una dichiarazione dello stato di salute del capo, una forma di augurio rituale che i capi premettono sempre ai loro canti; in seguito, sia la versione cantata che quella recitata assumono lo stesso impianto generale: prima c’è una descrizione dell’evento stesso (e qui si apre la versione recitata), l’arrivo dei membri del villaggio al luogo di riunione, organizzato secondo i ruoli rivestiti dalla comunità. Dopo questa meta-descrizione, la storia vera e propria inizia con una prefazione, annunciante il mito del Profeta Bianco; poi il corpo centrale della storia: 1) il livello del fango rigenerato; 2) il livello degli uccelli rinati; 3) il livello degli uccelli paypa rinati; 4) l’episodio più lungo, una descrizione dell’aldilà umano. L’esecuzione termina con una ‘coda’, un elenco di capi kuna famosi del passato, anch’essi cantori del Profeta Bianco.

Le differenze tra le due esecuzioni del Profeta Bianco sono dovute all’utilizzazione di stili diversi ed alle diverse risorse che gli attori hanno a disposizione per strutturare versi e strofe.

Nel canto del capo, i versi e le strofe sono marcate da una combinazione rafforzativa di forma melodica, schema di pause e ratifica da parte del secondo capo. Le strofe iniziano spesso con al inso (‘così’) o al inso sunna (‘così in verità’) e terminano con oparye (‘parlare’) o soke (‘dite’) e/o con i suffisi –ye o –te (‘dunque in passato’). Il primo verso di ogni strofa spesso termina col suffisso –te ; alcuni terminano con la parola takku, da takke (‘vedete’), altri con soke (‘dite’). Esistono comunque certi contrasti e tensioni creati tra i diversi dispositivi del verso e della strofa, come l’interazione di strofe ad uno, due, tre versi. Generalmente, le predicazioni si presentano come versi. Le citazioni si trovano spesso all’interno di un solo verso, ma possono anche interessare più versi all’interno di una strofa o perfino più strofe.

Nella traduzione della versione parlata del Profeta Bianco. Sebbene vi sia una congruenza tra i diversi dispositivi indicatori di versi e strofe, nella versione cantata esso tende a diminuire. Contrasti e tensioni poetiche sono create in più modi: attraverso l’interazione di strofe ad uno, due o tre versi; l’inserimento della marca che segnala l’inizio del verso, taylekuti, al centro del verso; l’uso di parole delimitanti il verso che da sole costituiscono un verso privo di contenuto referenziale.

Altra differenza nelle esecuzioni del Profeta Bianco interessa le corrispondenze verso per verso e strofa per strofa tra la versione cantata e quella parlata. La prima, in questo episodio, è strutturata in 11 strofe, la seconda in 14, pur essendo identico il contenuto di base. Ogni versione include dettagli referenziali non reperibili nell’altra. D’altro canto, alcune strofe corrispondono esattamente quanto a contenuto, mentre differiscono notevolmente nella struttura poetica.

Intonazione, schema musicale ed organizzazione sociale del parlare interagiscono con la grammatica nella creazione di una struttura del verso, il quale non è un’unità riconosciuta dai Kuna, ma è altresì chiaro che li recepiscano, come dimostrato anche dall’insegnamento dei canti rituali più esoterici, dei testi dei riti di guarigione e di pubertà.

Il discorso organizzato in versi è poesia. Questo uso rende la parola ‘poesia’ accessibile alle capacità artistiche verbali delle società non alfabetizzate, come di quelle alfabetizzate, al linguaggio colloquiale come a quello rituale e formale.

Recenti ricerche tra gli indiani d’America hanno indicato versi e strofe come unità strutturali significative in un’ampia prospettiva geografica.

Ciascuno dei dispositivi indicanti il verso (grammaticali, d’intonazione, musicali e d’interazione sociale) è altamente elaborato e sviluppato in sé e per sé stesso, ed entra in più tipi di rapporti con gli altri dispositivi, rapporti talvolta congruenti, sincronici ed isomorfi, talvolta capaci di creare contrasti, tensioni e contrappunti. Nella maggior parte dei generi verbali rituali che i Kuna considerano più antichi si trovano la maggior quantità di dispositivi che indicano i versi.

Si può parlare di due principi estetici presenti nella vita verbale dei Kuna: 1) che implica un’armonia sincronica e simmetria; 2) che indica un dinamico contrasto e tensione.

Parlanti e cantori kuna utilizzano entrambi questi principi estetici nella strutturazione individuale delle forme verbali, e si usa il termine ‘strutturazione’, piuttosto che ‘struttura’, per accentuare il carattere di processo dinamico.

Parlanti e cantori sviluppano in maniera creativa uno stile personale, ma ciò si accord aperfettamente con la vita sociale, culturale e verbale kuna, improntata ad una non comune organizzazione delle diversità.

Il verso costituisce un’unità funzionale e necessaria del discorso kuna, da considerare come separata ma pur sempre in relazione ad altre unità, come l’enunciato, l’atto linguistico ed il turno nella conversazione. Il verso è rilevante anche per lo studio del discorso in altri gruppi delle Americhe.
 
Top
0 replies since 18/2/2008, 14:48   243 views
  Share